
Dello studente slovacco Gaspar Partinger (inizio XVII secolo) sono presenti in Archiginnasio due stemmi.
Entrambi si trovano nella aula III dei legisti, quello che vediamo qui è datato 1604, il secondo è invece datato 1603.
Sono rappresentati due animali fantastici. L’unicorno nel romanzo ha un ruolo importante perché è presente nei primi capitoli, quando Baudolino è ancora nelle terre in cui è nato, e soprattutto accompagna e protegge Ipazia, suo vero grande amore. Dalla mostra Palazzo dell’Archiginnasio. Augustissima Musarum Domicilia apprendiamo che gli stemmi che rappresentano unicorni sono in tutto 23.
La Fenice invece non compare mai, ma viene evocata da Baudolino al capezzale del padre morente, poco prima della partenza per la terza crociata:
«“Se sapessi”, gli diceva, “andrò a scoprire luoghi meravigliosi. C’è un posto dove prospera un uccello mai visto, la Fenice, che vive e vola per cinquecento anni. Quando sono passati cinquecent’anni i sacerdoti preparano un altare spargendovi spezie e zolfo, quindi arriva l’uccello che si incendia e diventa cenere. L’indomani tra le ceneri si trova un baco, il secondo giorno un uccello già formato, il terzo giorno questo uccello se ne vola via. Non è più grosso di un’aquila, sulla testa ha una cresta di piume come il pavone, il collo di un colore dorato, il becco blu indaco, le ali color porpora e la coda striata di giallo, verde e rosso. E così la Fenice non muore mai”.
“Tutte balle,” diceva Gagliaudo» (cap. 22, p. 280).