Maria Fabbri Pichi, Echi del processo Murri (1906)
Maria Fabbri Pichi, Echi del processo Murri (1906)

L’opuscolo che qui presentiamo (e che può essere letto integralmente online) è composto da un’introduzione (a firma Pietro Corbucci) e due brevi testi. Il primo di questi, Intorno a un delitto e a un processo. Note e impressioni, è datato marzo 1905. Viene quindi redatto poco dopo la data di inizio del processo (21 febbraio 1905) ma non viene pubblicato, come ci informa Corbucci. Probabilmente era destinato ad essere diffuso in una cerchia ristretta e in forma non ufficiale. Vi si trovano, pur se proposte con garbo e senza veemenza, tutte le accuse che gran parte della stampa rivolgeva a Linda, che a parere dell’autrice deve essere senza dubbio condannata, non fosse altro che per la condotta immorale tenuta nei confronti del marito. Maria Fabbri Pichi critica anche aspramente chi scriveva in favore della Murri, come Matilde Serao - «mirabile ingegno, ma non sempre mirabile integrità di convincimenti» (p. 10) - e lo stesso autore delle Memorie di Linda Murri visto nell’immagine precedente. Autrice anzi, dal momento che Fabbri Pichi ci informa che dietro lo pseudonimo Luigi di San Giusto si cela un’insegnante torinese, ancora più esecrabile in quanto «educatrice di professione [...] a cui la cura di tènere anime dovrebbe imporre un’austera dignità di parola e di vita» e impedire di diffondere - come invece ha fatto chiedendo l’assoluzione di Linda - «malsane teorie [...] maestre di pervertimento» (p. 9-10). Dietro lo pseudonimo si celava la scrittrice Luisa Macina Gervasio (si veda Valeria P. Babini, Il caso Murri, p. 227).

Il secondo testo dell’opuscolo è dedicato proprio a criticare le Memorie di Linda Murri, giudicato un testo ben scritto e di piacevole lettura ma inaccettabile nel suo tentativo di presentare la vedova Bonmartini come una vittima innocente - in particolare del marito - quando invece vittima, prima ancora di essere assassinato, era lo stesso conte. La colpa maggiore di Linda sembra proprio essere stata il non sapersi adattare a lui, non sapere sopportarne i difetti come ogni moglie - e madre - dovrebbe fare:

 

«Eppure noi, e non solo noi ma tutti, abbiamo conosciuto innumeri, buone madri che per l’amore immenso alle loro creature, per non staccarsi da Esse, hanno sopportato nel marito ben altro che una certa grossolanità di maniere, che qualche trascuratezza nel vestire, che una scarsa intellettualità della mente» (p. 26).

 

Questo secondo testo è datato aprile 1906 e si posiziona quindi nel pieno del dibattito sulla colpevolezza di Linda e la correttezza della sua condanna che si ravviva in seguito alla richiesta (respinta) di riaprire il processo e alla domanda di grazia (accolta) per Linda. Va specificato che la grazia non venne mai chiesta direttamente dalla donna ma, come abbiamo visto, dal tutore dei suoi figli.

 

Maria Fabbri Pichi, Echi del processo Murri, Pesaro, Nobili, 1906.

Collocazione: MISC. B. 2159