Giuseppe Guidicini e Domenico Ramponi, Esecuzione della Giustizia di Forca
Giuseppe Guidicini e Domenico Ramponi, Esecuzione della Giustizia di Forca

Vale la pena per noi soffermarsi su Gli sbirri alla lanterna anche perché molte delle fonti utilizzate da Evangelisti sono documenti unici che fanno parte del patrimonio dell’Archiginnasio. Il primo che vediamo è il manoscritto B. 2329, in cui si trova l’acquarello dal quale è tratto il dettaglio utilizzato per la copertina dell’edizione DeriveApprodi vista nell’immagine precedente. Ecco una sintetica descrizione del manoscritto, acquistato nel 1873 dall’allora direttore dell’Archiginnasio Luigi Frati, tratta dall’introduzione di Pierangelo Bellettini al volume in cui il lavoro di Guidicini e Ramponi è stato pubblicato a stampa:

 

«Nel 1818, il cinquantacinquenne Giuseppe Guidicini affidava al pittore Domenico Ramponi [...] il compito di documentare col disegno i Vestiari, usi, costumi di Bologna cessati nell’anno 1796. Il suo intento era fondamentalmente storico [...] Lo muoveva l’esigenza [...] di fissare sulla carta il mondo in cui era cresciuto e vissuto fino ai suoi 33 anni [...], mondo che aveva dovuto subire profondi cambiamenti nel ventennio, prima giacobino, poi repubblicano, infine napoleonico, iniziatosi con l’ingresso a Bologna delle truppe rivoluzionarie francesi il 19 giugno 1796» (p. 9).

 

Nell’edizione a stampa il lavoro congiunto di Guidicini e Ramponi viene definito «Un eccezionale fotoreportage dal passato». Per la sua fondamentale importanza di fonte storica, l’Archiginnasio ha digitalizzato il manoscritto B. 2329, che può essere consultato integralmente online.

Questo disegno, dal titolo Esecuzione della Giustizia di Forca, in particolare nel dettaglio macabro del boia e del suo assistente che spingono e tirano verso il basso il corpo appeso per affrettarne la morte, fa pensare ai passi in cui Evangelisti si sofferma sulla crudeltà austriaca nelle esecuzioni capitali. Nel capitolo 11 di Gli anni del coltello si descrive un nuovo metodo di impiccagione:

 

«Il “paletto” era il modo di impiccare introdotto di recente dagli austriaci. A differenza della forca tradizionale, il condannato non era appeso a una trave parallela al suolo. Il cappio pendeva da un palo e veniva aggiustato al collo della vittima dal boia, salito in cima su una scaletta. Il resto del compito era eseguito dal “tirapiedi”, l’assistente del carnefice. Questi tirava il prigioniero per le caviglie, fino a strangolarlo» (p. 74).

 

Dalla scena disegnata da Ramponi al paletto descritto da Evangelisti sono passati più di 50 anni, ma la crudeltà con cui i governanti puniscono chi infrange la legge - in entrambi i casi si tratta di impiccagioni di prigionieri “politici” - non è mutata.

 

Vestiari, usi, costumi di Bologna cessati nell’anno 1796. Raccolti da Giuseppe Guidicini nel MDCCCVIII.

Collocazione: BCABo, ms. B. 2329