Chiudiamo la trattazione del caso Murri con una coincidenza che ci riporta a Coscienza sporca. Nel 2003 Gianna Murri, figlia di Tullio, pubblica il libro La verità sulla mia famiglia e sul delitto Murri, in cui propone - sulla base di un racconto fatto dal padre e da lui fissato in un memoriale andato perduto - una verità alternativa a quella stabilita nel processo di Torino. L’assassinio del conte Bonmartini sarebbe stato commesso da un facchino, amante della governante di Linda. La stessa Linda sarebbe stata la mandante dell’omicidio, in associazione con il suo amante Carlo Secchi. Tullio sarebbe arrivato sul luogo del delitto quando Bonmartini era già morto e si sarebbe limitato a modificare la scena del crimine per fare credere a un tentativo di rapina e salvare la sorella dai sospetti. Così Gianna descrive il facchino:
«L’uomo si chiamava Labella. O La Bella. Il nome di battesimo mi sembra di non averlo mai saputo. Era stato soprannominato “Il biondino”. E qui intervengo io, con una mia supposizione: se era un facchino, era di sicuro un omaccione, non certo un omarino così piccolo ed esile da giustificare il diminutivo. Ma i bolognesi di una volta scherzavano su tutto e immagino che lo chiamassero “Il biondino” perchè un diminutivo affibbiato a un gigante faceva più ridere» (p. 118).
A chi ha letto Coscienza sporca il soprannome del facchino, “Il biondino”, non può non fare pensare a colui che materialmente compie l’omicidio nel romanzo, il sedicente Milos Ranko, biondo, con gli occhi azzurri e somigliante a Gesù. Pagato da Stefano Muria per uccidere il marito della sorella, riesce a farla franca e anche a guadagnare una bella cifra.
Gianna Murri, La verità sulla mia famiglia e sul delitto Murri, Bologna, Pendragon, 2003.
Collocazione: 20. W. 3072