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Una compagnia di ventura

In una recente edizione della Compagnia della Forca di Magnus e Romanini, a circa cento pagine di distanza, vi sono due vignette panoramiche, assai rare in questo fumetto rutilante e un po' cialtrone, una specie di Alan Ford in costume, pieno di strisce rumorose e debordanti di facciotte rabelesiane.

Sono due visioni di Appennino, in cui tutto si placa: ci godiamo nell'una il passo delle anatre (è autunno?) e nell'altra il finire dell'inverno sulla vallata di Boscoprofondo. E' un paesaggio che diviene familiare, osservando il ponte a schiena d'asino in basso a destra: non può che essere il ponte di Castel del Rio.

Sotto la rocca degli Alidosi e dietro un buon bicchiere di vino: così ci immaginiamo i due autori impegnati nella più improbabile e bislacca ricostruzione del medioevo, visto come un enorme baraccone con torri di cartapesta e armi e costumi trovati usati in una qualche Piazzola di provincia.

E' il medioevo dei Panico e dei Cuzzano, signorotti che taglieggiavano i mercanti e i pellegrini di passaggio nelle vallate del nostro Appennino. E dei capitani della montagna, prefetti del potente comune bolognese, che assoldavano compagnie della forca per stanarli dai loro "nidi d'aquila".