Il fascismo si misura con la nuova periferia e, assieme alle Popolarissime (sette piani senza ascensore), edifica, con l’onnipotente Arpinati, il grande complesso polisportivo del Littoriale. La guerra sconvolge la città, distrugge il 40% dei vani abitabili. La ricostruzione, poi, vuole ridare in fretta case e lavoro. Ci si affida alla speculazione privata e al sogno della grande metropoli con un milione di abitanti (accolti dalla montagna e dalle campagne spopolate dalla guerra e dalla miseria). I quartieri INA Casa sorgono lontani, ai limiti estremi, “là dove c’era l’erba”, prima che una nuova politica faccia sorgere i rioni del PEEP, a maggior vantaggio della gente comune: più verde, infatti, e più servizi (soprattutto scuole, simbolo di un epoca) e meno rendita. Anche esagerazioni però, macrostrutture: nuove torri, treni, stecconi, virgoloni. Poi non ci sarà più da conquistare spazi, piuttosto da accordare il tutto in una inedita dimensione metropolitana e regionale. Ma è vicenda postmoderna, di altro millennio ...
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