Introduce Wes Anderson
Un film dolente. Terribilmente triste, senza nessuno squarcio vitale o drammatico che dia un senso, uno scopo, persino un oggetto a questatristezza. La vita scorre così, in una calma piatta dove, certo, ci si incontra, si fa sesso, ci si lascia o ci si sposa, si invecchia o si muore giovani, ma sempre come sotto vuoto, tra le case e le ville più o meno benestanti di una small town americana attraversata da una strada ventosa che porta altrove, ma che ben difficilmente verrà percorsa da uno dei suoi abitanti per andarsene davvero. [...] Un grande film, che impone un’estetica rigorosa e un’etica amarissima che poi furono raramente eguagliate, anche dal loro stesso artefice [...]. Un film sull’oggiche prende spunto dal passato. Un film del passato che si rivolge a oggi (in entrambi i casi, “oggi” sta per i 70’s). Non a caso è ambientato, per così dire, ‘a mezza strada’, nel 1951, vent’anni prima della sua uscita e sul tramonto della grande stagione del western classico. E infatti l’ultimo film proiettato nel cinema che poi chiuderà per sempre è Il fiume rosso (1948) di Howard Hawks, […]
Cinema della nostalgia? Non nel senso (spesso sterile) che si diede ad altri film dell’epoca (anche del medesimo autore). Come ha scrittoFranco La Polla in Il nuovo cinema americano 1967-1976, Bogdanovich attraverso il suo iperrealismo “ricrea la realtà; la ripropone in una dimensione che non ne nega la sostanza di falsificazione, ma la evidenzia in quanto tale. Il cinema di Bogdanovich, in The Last Picture Show, non è più fiction, non è più tentativo di mettere insieme i pezzi di una realtà fittizia, ma ripensamento dei dati di quella falsa realtà attraverso il loro reimpiego in termini di consapevolezza della loro natura di falsificazione. The Last Picture Show è probabilmente l’unico film americano contemporaneo, tra quelli ‘regolari’, in cui la componente iperrealista raggiunge un suo completo statuto di teoria”. Perciò, quello che di primo acchito può apparire nostalgico e rassicurante si rivela uno straziante percorso nella falsificazione immaginaria, ‘mitologica’, operata dal cinema classico, e nella realtà inane, deprimente che (allora come ora) sottendeva questa rappresentazione. Per questo The Last Picture Show è così triste, perché il mito (pur tanto amato) rivela le sue basi fragili e volatili, siano esse fatte di celluloide o della stoffa dei sogni e dei ricordi.
Emanuela Martini, Shall We Gather at the River? Tra il West e il nulla: L’ultimo spettacolo, “Cineforum. Nuova serie”, n. 5, marzo 2022
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(In caso di pioggia, la proiezione si sposterà al Cinema Arlecchino, al Cinema Jolly e al Cinema Lumière)