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Come campana al vento

Per fermare sulla carta Dino Campana "sperso per il mondo", si richiede la complicità della luna, che sa della sua "notte". E ancora, bisogna chiedere a lui il passaporto per controllare i suoi passi tra il visivo e il visionario, che poi il lettore ritroverà in un piccolo libro infinito che egli volle chiamare "Canti Orfici" e che era, secondo il suo dire, la sola giustificazione della sua vita.

(G. Cacho Millet)

Il Bar Nazionale era sotto le due torri, all'angolo dei Birri, tra via Rizzoli e via Zamboni. All'inizio del Novecento, per un breve periodo, fu anche sede del Bologna Football Club. Nel secondo dopoguerra diventò Libreria Feltrinelli. Era una delle mete preferite dei goliardi bolognesi, che qui si riunivano a cena nel cuore della notte. Al Bar Nazionale

si sorbiva il caffè nella prima sala, e si conversava forte; si beveva vino nella seconda, e si discuteva calorosamente, si giocava a carte e al biliardo al piano superiore ... e si perdevano i denari.

Qui capitò un giorno - era il 1912 - un tipo strano, accigliato, male in arnese, che all'inizio non fece buona impressione all'allegra brigata di studenti bolognesi che frequentava il locale.

All'apparenza sembrava un eccentrico mercante con magri affari, il viso incorniciato da folti capelli ricci biondo-rame. Si chiamava Dino Campana ed era uno studente di chimica, poeta e giramondo, con alle spalle una breve degenza nel manicomio di Imola. Portava un giacchettone dalle tasche ampie e profonde piene di fogli, opuscoli, libretti. Teneva sempre con sé i manoscritti delle sue opere, che spesso rileggeva e correggeva.

A Bologna cominciò a pubblicare alcune poesie su rivistine goliardiche, firmandosi con buffi pseudonimi: Campanone, Campanula, Din Don. Al Nazionale tornò negli intervalli bolognesi delle sue incessanti peregrinazioni. "Assiduo silenzioso" della prima sala, vendeva di persona, con l'aggiunta di dediche e autografi, copie dei suoi Canti Orfici, perduti e ricostruiti a memoria, e finalmente stampati nel 1914 dal Ravagli nella natia Marradi.

Tra gli improbabili avventori che ebbero dalle mani del Matt una copia del poema, vi furono Morandi, Bacchelli, De Pisis e Petrolini. A Marinetti, che odiava, Campana diede una copia con tutte le pagine strappate.

Si deve a Rocco Lombardi, maestro del disegno in nero, la ricostruzione a fumetti, fatta con incredibile passione e rispetto, della vicenda umana e artistica di uno degli uomini più controversi e dei poeti più amati del Novecento.