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Gruppo di lettura

Il circolo dei lettori della Dozza in Salaborsa

Contatti Biblioteca Salaborsa, piazza Nettuno, 3, 40125 Bologna bibliotecasalaborsa@comune.bologna.it Sito web

Gruppo di lettura degli studenti e delle studentesse di Filologia Classica e Italianistica che si incontrano con i detenuti della Casa Circondariale Dozza.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato

Art. 27 della Costituzione italiana

Nato come percorso di formazione per i detenuti iscritti all'Università, il Circolo di lettura della Dozza è il gruppo di lettura degli studenti e dei docenti del Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell'Università di Bologna con i detenuti della Casa Circondariale Dozza.

Da questo circolo si è sviluppato un gruppo di lettura esterno e parallello, il Circolo dei lettori della Dozza, al quale partecipano anche quei lettori che, entrando nella Casa circondariale Dozza, hanno potuto discutere dei libri con i detenuti. L'iniziativa ha l'intento di creare un ponte tra i due circoli e avvicinare altri studenti universitari e cittadini alla realtà carceraria. Il Circolo dei lettori della Dozza si riunisce, ogni quarto lunedì del mese, nella Sala conferenze di Salaborsa alle 18

Gli incontri, coordinati dagli studenti universitari, vedono il coinvolgimento in carcere di autori e curatori delle opere.

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Dove non mi hai portata di Maria Grazia Calandrone
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Altri libri letti
  • Storie naturali di Primo Levi
  • Il custode delle parole di Gioacchino Criaco
  • Il mio Enea di Giorgio Caproni
  • Le Piccole Persone. In difesa degli animali e altri scritti di Anna Maria Ortese
  • Presentazione del programma di letture
  • Cetti Curfino di Massimo Maugeri
  • Osa sapere. Contro la paura dell'ignoranza di Ivano Dionigi
  • Un morto ogni tanto di Paolo Borrometi
  • Di chi è questo cuore di Mauro Covacich
  • Violazione di Alessandra Sarchi
Abstract
1965. Un uomo e una donna, dopo aver abbandonato nel parco di Villa Borghese la figlia di otto mesi, compiono un gesto estremo. 2021. Quella bambina abbandonata era Maria Grazia Calandrone. Decisa a scoprire la verità, torna nei luoghi in cui sua madre ha vissuto, sofferto, lavorato e amato. E indagando sul passato illumina di una luce nuova la sua vita. "Dove non mi hai portata" è un libro intimo eppure pubblico, profondamente emozionante e insieme lucidissimo. Attraversando lo specchio del tempo, racconta una scheggia di storia d'Italia e le vite interrotte delle donne. Ma è anche un'indagine sentimentale che non lascia scampo a nessuno, neppure a chi legge. Quando Lucia e Giuseppe arrivano a Roma è l'estate del 1965. Hanno con sé la figlia di otto mesi, sono innamorati, ma non riescono a liberarsi dall'inquietudine che prova chi è braccato. Perché Lucia è fuggita da un marito violento che era stata costretta a sposare e che la umiliava ogni giorno, e ha tentato di costruirsi una nuova vita proprio insieme a Giuseppe. Per la legge dell'epoca, però, la donna si è macchiata di gravi reati: relazione adulterina e abbandono del tetto coniugale. Prima di scivolare nelle acque del Tevere in circostanze misteriose, la coppia lascia la bambina su un prato di Villa Borghese, confidando nel fatto che qualcuno si prenderà cura di lei. Più di cinquant'anni dopo quella bambina, a sua volta diventata madre, si mette in viaggio per ricostruire quello che è davvero successo ai suoi genitori. Come una detective, Maria Grazia Calandrone ricostruisce la sequenza dei movimenti di Lucia e Giuseppe, enumera gli oggetti abbandonati dietro di loro, s'informa sul tempo che impiega un corpo per morire in acqua e sul funzionamento delle poste nel 1965, per capire quando e dove i suoi genitori abbiano spedito la lettera a «l'Unità» in cui spiegavano con poche parole il loro gesto. Dopo "Splendi come vita", in cui l'autrice affrontava il difficile rapporto con la madre adottiva, "Dove non mi hai portata" esplora un nodo se possibile ancora più intimo e complesso. Indagando la storia dei genitori grazie agli articoli di cronaca dell'epoca, Calandrone fa emergere il ritratto di un'Italia stanca di guerra ma non di regole coercitive. Un Paese che ha spinto una donna forte e vitale a sentirsi smarrita e senza vie di fuga. Fino a pagare con la vita la sua scelta d'amore.
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