Penso a ‘Café Müller’ di Pina Bausch. Penso ad una donna nata e cresciuta nella Locanda. Un luogo-mondo che accoglie infiniti mondi. Nel testo goldoniano il tema dell’eredità è il punto cardine di tutto. Mirandolina seduta sul letto di morte del padre riceve in eredità la Locanda, ma anche l’ordine di sposarsi con Fabrizio, il primo servitore della Locanda. In questo credo che ci sia una inconsapevole identificazione del padre con il servo, come erede virtuale in quanto maschio. Più che un uomo per la figlia, il padre sceglie un uomo per la Locanda, un uomo pronto a tutto pur di proteggere la Locanda.
Credo che Goldoni con questo testo abbia fatto un gesto artistico potente ed estremo, un gesto di sconvolgente contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna, ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile, soprattutto una donna che annienta con la sua abilità tutta l’aristocrazia. Di fatto Mirandolina riesce in un solo colpo a sbarazzarsi di un cavaliere, di un conte e di un marchese.
Scegliendo alla fine il suo servitore come marito fa una scelta politica, mette a capo di tutto la servitù, nobilita i commercianti e gli artisti, facendo diventare la Locanda il luogo da dove tutta la storia teatrale del nostro paese si riscriverà, la storia che in qualche modo ci riguarda tutti. Goldoni fa anche un lavoro sulla lingua, accentuando un italiano toscano. Per essere Mirandolina bisogna essere capaci di mettersi al servizio dell’opera, ma anche non fare del proprio essere femminile una figura scontata e terribilmente civettuola, cosa che spesso abbiamo visto sui nostri palcoscenici. Spesso noi registi abbiamo sminuito il lavoro artistico culturale che il grande Goldoni ha fatto con questa opera, la abbiamo ridimensionata, cadendo nell’ovvio e riportando il femminile a ciò che gli uomini vogliono vedere: il gioco della seduzione. Goldoni, invece, ha fatto con questo suo testamento, una grande operazione civile e culturale. Siamo davanti ad un manifesto teatrale che dà iniziò al teatro contemporaneo, mentre per una assurda cecità noi teatranti lo abbiamo banalizzato e reso innocente.
La nostra mediocrità non è mai stata all’altezza dell’opera di Goldoni e, molto probabilmente, non lo sarò nemmeno io. Spero, però, di rendere omaggio a un maestro che proprio con Goldoni ha saputo riscrivere parte della storia teatrale italiana: parlo di Massimo Castri.
Antonio Latella
Teatro Stabile dell’Umbria
Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo, Valentino Villa
La locandiera
di Carlo Goldoni
regia Antonio Latella
dramaturg Linda Dalisi
scene Annelisa Zaccheria
costumi Graziella Pepe
musiche e suono Franco Visioli
luci Simone De Angelis
assistente alla regia Marco Corsucci
foto di scena Gianluca Pantaleo
Personaggi e interpreti
Il Cavaliere di Ripafratta, Ludovico Fededegni
Il Marchese di Forlipopoli, Giovanni Franzoni
Il Conte di Albafiorita, Francesco Manetti
Mirandolina, locandiera, Sonia Bergamasco
Ortensia, comica, Marta Cortellazzo Wiel
Dejanira, comica, Marta Pizzigallo
Fabrizio, cameriere di locanda, Valentino Villa
Servitore, Gabriele Pestilli
venerdì 20 ottobre 2023, ore 21.00
sabato 21 ottobre 2023, ore 21.00
domenica 22 ottobre 2023, ore 16.00