Regia: Leonardo Di Costanzo
Interpreti: Toni Servillo, Silvio Orlando, Fabrizio Ferracane, Salvatore Striano, Roberto De Francesco,
Pietro Giuliano
Origine e produzione: Italia, Svizzera / Carlo Cresto-Dina, Tempesta, Rai Cinema, Amka Film
Productions, RSI Radiotelevisione Svizzera, SRG SSR
Durata: 117’
In un carcere in dismissione, alcuni agenti e pochi detenuti, gli ultimi rimasti, aspettano di essere trasferiti. A poco a poco, le regole, scritte e non, sembrano avere sempre meno senso, e quella degli uomini in attesa diventa una nuova, fragile, comunità.
- David di Donatello 2022 a Silvio Orlando come miglior attore protagonista;
- David di Donatello 2022 a Leonardo Di Costanzo, Bruno Oliviero e Valia Santella per la miglior sceneggiatura originale.
“Nella minuziosa narrazione dei piccoli contrasti e dei comportamenti dei rappresentanti dei due fronti (senza nulla concedere a tanti abituali psicologismi e sociologismi, letterari e giornalistici e anche politici) è procedendo per tocchi narrativi senza enfasi, talora quasi inavvertibili, che nasce la sottile tensione di un racconto che accenna o mostra differenze e somiglianze, culture e pregiudizi meno distanti tra loro di quel che può sembrare sia nelle morali di gruppo (nei pregiudizi, infine) sia personali, caratteriali.
Per piccoli tocchi, i carcerati – con le loro differenze anche estreme – e i carcerieri – con i loro diversi caratteri e i diversi modi di intendere il proprio dovere, o mestiere – riconoscono e vivono la loro comune umana natura, la necessità e la bellezza di un dialogo […]. Oltre le differenze e le ingiustizie fatte o subite, c’è il riconoscimento di una comune condizione umana, della comune sudditanza a un “sistema”. C’è qualcosa che assai raramente abbiamo visto nel cinema, anche in quello classico.”
Goffredo Fofi, “Internazionale”
“Ariaferma non è un film «carcerario» pure se del carcere restituisce il sentimento di costrizione che gli appartiene lavorando sulla profondità, senza l’enfasi o le convenzioni che porta in sé il soggetto «a tema»: l’intuizione del regista è spostare sempre un po’ obliquamente la propria narrazione grazie a una scrittura precisa sia nella sceneggiatura – scritta insieme a Valia Santella e a Bruno Oliviero – che sul piano cinematografico. […]
Nella cucina con i coltelli in bella vista la tensione fluisce in qualsiasi gesto: non accade nulla lì, succede tutto altrove perché quel confronto, la presa di parola che rimodula le relazioni, seppure in uno stato eccezionale, è umano e politico, ci parla delle casualità della vita, delle scelte, delle esperienze comuni anche a chi ora è su sponde diverse. E si fa racconto morale, che interroga la vita nel suo svolgersi, e una realtà che appare assurda.
Mentre noi spettatori ci aspettiamo a ogni istante che esploda il caos, la regia di Di Costanzo (che ritrova i suoi «complici» abituali, Carlotta Cristiani al montaggio, Luca Bigazzi alla fotografia) lo ha già fatto avvenire in quei dialoghi, nei gesti pacati, nei passaggi che superano – mantenendo le gerarchie – la linea della separazione per inventare anche solo un istante uno spazio comune. Che è quello di una storia lontana, di una diversa consapevolezza dell’altro, della cura, dell’ascolto; qualcosa che riguarda il nostro tempo non solo nella reclusione.”
Cristina Piccino, “Il Manifesto”