Che ruolo hanno libri e lettura per te, qual è il tuo rapporto con la parola scritta e le immagini e con l’oggetto libro/pubblicazione?
A differenza di quello che si può pensare guardando i miei lavori, io non sono stata una bambina che leggeva i libri. Alla lettura ci sono arrivata tardi, in tarda adolescenza; prima la mia vita era fuori, in strada, a giocare, a correre, spesso da sola. Intorno ai 16 anni ho scoperto la lettura perché ero affascinata dall’universo, dal cielo profondo, dagli astri. Così ho iniziato a divorare libri di astronomia. Poi è arrivato l’incontro violento e disarmante con il teatro, la decisione di non assecondare ciò che “il destino” voleva per me (fare la segretaria d’azienda) e l’iscrizione all’università. Il mio rapporto con la carta stampata è cambiato radicalmente e ho provato la fame di conoscenza. Saggi, molti saggi (mi sono laureata in Storia dell’Arte) e cataloghi d’arte di cui spesso non leggo i testi ma mi lascio andare allo scrolling delle pagine piene di figure. Al romanzo ci sono arrivata intorno ai 30 anni, periodo in cui ho divorato i gialli di Massimo Carlotto e le avvincenti storie di Niccolò Ammaniti.
Quali sono i testi significativi nella tua formazione?
Così su due piedi senza troppo pensarci direi Il Cavaliere inesistente di Italo Calvino e Diario d’inverno di Paul Auster. Entrambi sono legati alla mia formazione teatrale e artistica: il primo è un libro che ho letto e riletto numerose volte e mi ricorda il periodo in cui ho scoperto il teatro. Era una tarda mattinata, uscita da scuola entro nel solito bar a bere un bianco macchiato (vino bianco e aperol). Vivevo una vita completamente “staccata” e disinteressata, come tanti miei coetanei di allora della provincia veneta da cui provengo. Sul bancone vedo un volantino con scritto “laboratorio teatrale sul Cavaliere inesistente”. Lo guardo inebetita. Cosa vuol dire laboratorio? Telefono. Mi risponde un ragazzo gentile che mi invita a provare. Qualche sera dopo prendo la mia vespa et3 Primavera e vado a “provare” questo laboratorio, come diceva lui. Da quel momento ho scoperto che avevo un corpo da addomesticare e di cui prendermi cura e la mia vita ha preso un’altra direzione. L’impatto con quel teatro (si trattava di un allievo di Iben Nagel Rasmussen) è stato travolgente, doloroso e appassionante allo stesso tempo. Diario d’inverno invece è stato il romanzo che mi ha spinto a scrivere il mio ultimo spettacolo, Padre d’amore Padre di fango, una narrazione multimediale autobiografica che replicherà proprio all'Atelier Sì il 18 novembre. Il processo di creazione è durato 2 anni e ritengo questo lavoro il più maturo, il più bilanciato, il più onesto e vero della mia carriera.
Biblioteche, archivi, librerie, rete: dove cerchi parole e immagini, volumi e riviste, fumetti utili per le tue ricerche?
Amo talmente tanto gli archivi da farli protagonisti dei miei lavori artistici. Mi affascina indagare il limite dell’archivio, come forma di catalogazione “impossibile”. The Critters Room, l’installazione che verrà allestita all'Atelier Sì è del resto un archivio di archivi. Per quanto riguarda il mio modo di cercare: oramai il primo step è la rete, in seguito la biblioteca, dove mi piace ogni tanto perdermi.
Lettura come stimolo, approfondimento, per documentarsi, per distrarsi…? Tu come la pratichi?
Beh, tutte queste cose assieme. Se devo dire la verità è tanto tempo che non mi distraggo con la lettura. Tre anni fa, ho deciso di coronare un sogno che avevo nel cassetto e mi sono iscritta - e nel 2020 laureata - al biennio di Nuove Tecnologie dell’Arte in Accademia di Brera. Quando studio, difficilmente uso la lettura per distrarmi. Non ne ho la forza. Lo studio è per me un atto di immersione completa: al termine della sessione di studio (che spesso è pomeridiana-serale) sono svuotata.
Quali sono le letture che hanno contribuito al tuo percorso artistico? Quali libri, riviste, fanzine, fumetti si accumulano sul tuo tavolo di lavoro?
The Critters Room ha una bibliografia enorme: devo dire che l’opera nasce dalla mia tesi a Brera, quindi necessariamente doveva essere sostenuta da un apparato concettuale e teorico importante. Sicuramente, a partire dal titolo del lavoro, manifesto un grande debito concettuale nei confronti della filosofa e biologa americana Donna Haraway. Posso aggiungere filosofi, antropologi, scienziati ed artisti che in questi anni si sono dedicati ad esplorare il rapporto fra arte ed antropocene, e a costruire sguardi “altri” nei confronti dell’esistente: senza nessuna pretesa di completezza, posso citare Nicolas Bourriaud, Rosi Braidotti, Bruno Latour, Matteo Meschiari, Ryoichi Kurokawa, Jason Moore, Anna Tsing, Karen Barad, Tomàs Saraceno, Carlo Rovelli, Rimini Protokoll, T.J. Demos, Christine e Margaret Wertheim, Anaïs Tondeur, Timothy Morton, Jean Luc Nancy…
Tieni dei libri, fumetti, riviste in casa? Se si, ci racconti brevemente come è o non è organizzata la tua libreria?
La casa mia e di mio marito è strabordante di libri. Pierluigi Tedeschi - oltre che marito è mio sodale e cofondatore della compagnia - è un accumulatore compulsivo di libri. Oltre ad accumularli, li legge e li scrive pure. Abbiamo libri accatastati sulla mensola sopra il nostro letto, sulla tavola dove mangiamo, sulle nostre scrivanie. Ma ciò che si accumula in maggior numero sono i quotidiani. Pile di giornali in precario equilibrio ovunque. Dedichiamo una particolare cura maniacale alle nostre librerie. Abbiamo la libreria che raccoglie la narrativa (italiana e straniera) divisa per autori e disposta in ordine alfabetico. Accanto c’è la libreria dei saggi e testi teatrali, poi la sezione dedicata al cinema e ai viaggi. Una particolare sezione è quella storica con una sottosezione dedicata alla storia della resistenza. Quindi c’è la poesia, poi la sezione “manuali” di ogni tipo e dizionari, sopra la sezione sociologia/psicologia/filosofia. Poi la libreria d’arte - soprattutto contemporanea - con manuali, cataloghi, saggi. Ed infine i fumetti.
Hai dei consigli di lettura da suggerire?
Beh ovviamente Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto il libro di Donna Haraway che può essere considerato il libro base per venire a vedere The Critters Room.
Il 13 e 14 novembre Atelier Sì presenta The Critters Room un progetto multimediale, un'installazione interattiva, risultato di una ricerca sulle polveri sottili della Compagnia Pietribiasi/Tedeschi e Jan Voxel nata nell'ambito della residenza artistica Artists in ResidenSì. Il 18 novembre h 19.30 va in scena Padre d’amore padre di fango narrazione multimediale di Cinzia Pietribiasi e Compagnia Pietribiasi/Tedeschi.
Cinzia Pietribiasi è nata a Vicenza nel 1979. Oggi vive a Reggio Emilia. Il teatro è stato un amore incondizionato e totale per molti anni. Ma la sua ricerca ora ruota attorno alla grafica generativa (con lo pseudonimo Jan Voxel), alle nuove tecnologie applicate all’analisi e alla cattura del movimento, all’interazione uomo-macchina, alla digital performance, alla creazione di ambienti immersivi e “sensibili” attraverso opere di realtà virtuale e aumentata.
www.thecrittersroom.it | www.pt-project.it
Puoi trovare libri/riviste/letture segnalate da Cinzia Pietribiasi disponibili al prestito presso le biblioteche di Bologna, al prestito digitale su EmiLib/MedialibraryOnline e in vendita nelle librerie.