Perché i libri allungano la vita: spigolature di lettere e arti
Insieme di articoli di Umberto Eco su lettura e letteratura, il volumetto “Perché i libri allungano la vita” è tratto da "La Bustina di Minerva", una rubrica settimanale che Eco ha curato dal 1985 fino a pochi giorni prima della sua morte (2016). Ogni articolo è una perla di saggezza ed ha un titolo musicale, ironico, leggero, che invita il lettore ad andare a scoprire immediatamente cosa c’è scritto dentro (...): Perché I libri allungano la vita; A prescindere da Totò è meglio Chaplin; Allegria! M’illumino d’immenso; Nozionismo e nozioni; Elogio dei classici; Un trattato sugli stuzzicadenti; Perché mai il poeta deve oziare?; Il primo dovere degli intellettuali: stare zitti quando non servono a nulla; Cosa pensava Leopardi delle ragazze di Recanati?; Quanti libri non abbiamo letto?; Trionfo e tramonto della stroncatura (...). - [Incipit]: Quando oggi si leggono articoli preoccupati per l’avvenire dell’intelligenza umana di fronte a nuove macchine che si apprestano a sostituire la nostra memoria, si avverte un’aria di famiglia. Chi ne sa qualcosa riconosce subito quel passo del Fedro platonico, citato innumerevoli volte, in cui il faraone, al dio Toth inventore della scrittura, chiede preoccupato se quel diabolico dispositivo non renderà l’uomo disadatto a ricordare, e quindi a pensare. Lo stesso moto di terrore deve aver colto chi ha visto per la prima volta una ruota. Avrà pensato che avremmo disimparato a camminare. Il disagio verso nuove forme di cattura della memoria si è presentato in ogni tempo. Di fronte ai libri a stampa, su cartaccia che dava l’idea che non avrebbe resistito per più di cinque o seicento anni, e con l’idea che quella roba poteva ormai andare per le mani di tutti, come la Bibbia di Lutero, i primi acquirenti spendevano una fortuna per far miniare i capilettera a mano, onde avere l’impressione di possedere ancora manoscritti su pergamena. Oggi i libri sono i nostri vecchi. Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissute moltissime.