
L’articolo Capire la cronologia prende spunto da quella che Eco definisce una polemica sterile che però ritorna periodicamente di attualità: «era vero che molti esponenti della sinistra del dopoguerra erano stati fascisti?». Basta in realtà, come invita a fare il titolo della Bustina, osservare la cronologia, e quindi le date di nascita dei personaggi di cui si discute, per capire che essi erano cresciuti e vissuti sempre sotto il regime fascista - in scuole «dove si parlava loro solo del fascismo [...] in un paese totalitariamente inteso alla celebrazione di un solo regime, di una sola cultura» - e quindi in una società in cui era difficile maturare una coscienza antifascista o comuque oppositiva. All’interno dei GUF era nata una fronda, comunque interna al fascismo.
Eco non lo cita, ma anche la crescita di Pier Paolo Pasolini era avvenuta sotto il regime - era nato proprio nel 1922 - e quindi le sue prime prove di intellettuale si erano realizzate all’interno degli strumenti culturali del regime. Allo stesso modo il contrasto con le idee totalitarie si era palesato proprio, in maniera paradigmatica, quando il giovane intellettuale aveva cominciato a pubblicare i suoi primi scritti sulle riviste controllate dal partito.
La mostra Pasolini 42. La formazione bolognese di un giovane intellettuale analizza questo primo periodo della produzione pasoliniana, che si è svolto a Bologna, dove Pier Paolo era nato e poi tornato per gli studi superiori e universitari. I suoi contributi a «Architrave» e «Il Setaccio» sono ben noti, meno conosciuto è il suo articolo d’esordio, comparso sul numero di aprile del 1942 di «Gioventù italiana del Littorio. Bollettino del Comando federale di Bologna».
Chi in quegli anni voleva iniziare un percorso intellettuale non aveva altra scelta che farlo su questi strumenti prodotti dal partito, anche se spesso il controllo era così opprimente che i contrasti nascevano all’interno delle stesse redazioni delle riviste.
Dal punto di vista autobiografico Eco ricorda in un’altra Bustina, I miei temi sul Duce, quanto il clima culturale lasciasse poco spazio di libertà anche per chi, come lui, aveva 10 anni in meno di Pasolini e quindi viveva - e scriveva - nella scuola e non sui giornali.
Bisogna quindi, per non cadere in polemiche sterili, tenere conto delle parole con cui si chiude Capire la cronologia:
«Non si può parlare in blocco del comportamento degli “intellettuali italiani sotto il fascismo”, come se ciascuno di questi intellettuali non avesse un atto di nascita. Italiani, esortiamoci l’un l’altro, se non alle storie, almeno alle cronologie».