Se è vero che, all’interno del One Big Novel di Evangelisti, già «I pirati incarnano a loro modo i princìpi del liberismo» in quanto il loro unico obiettivo è «Il libero mercato, il superamento dei monopoli, il rifiuto delle dogane, l’arricchimento» (Alberto Sebastiani, Nicolas Eymerich. Il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti, Bologna, Odoya, 2018, p. 27-28), non c’è dubbio che gli Stati Uniti del secolo raccontato dalla trilogia americana rappresentano il terreno migliore in cui questa ideologia sfrenatamente liberista attecchisce. I romanzi di Evangelisti la criticano nel profondo - come il sindacalismo rivoluzionario la combatteva con parole e fatti - nel momento in cui rappresentano i rapporti sociali che nascono da questa “dottrina del libero commercio”, come titola l’opuscolo di Wells. Non sarà superfluo notare che la parola creed utilizzata nel titolo ha anche il significato di “credo religioso”: indica cioè qualcosa in cui credere in maniera totale, una convinzione che sfiora la fede.
Si legga d’altra parte come viene definito il libero commercio nella prima pagina dell’opuscolo:
«Free trade in its fulliest acceptation, as recently defined by Chevalier, “is the free exercise of human power and faculties in all commercial and professional life; it is the liberty of labor in its grandest proportions”. In its more technical and present political sense, it means the freeing of the exchange of all commodities and services, between man and man, irrespective of residence or nationality, from all arbitrary, artificial obstructions and interferences resulting fron legislaion or prejudice».
David Ames Wells, The Creed of free Trade, New York, G. P. Putnam's sons, 1875.
Collocazione: 6. Scienze sociali. Commercio. Caps. III, n. 6