Dopo i supercriminali, si salta dall’altra barricata: i grandi detectives. Dopo avere già citato il Dupin di Poe, il suo primo e forse insuperato emulo: Sherlock Holmes. Quando Conan Doyle pubblica il primo romanzo che lo vede protagonista, A study in scarlet, è il 1887. Non ci dilungheremo perché tanto ci sarebbe da dire, tanto è stato detto e Holmes fa talmente parte dell’immaginario collettivo che non c’è bisogno qui di approfondire. Dobbiamo però ricordare che quando Evangelisti parla di questo romanzo (In difesa della fantascienza [2000], p. 80-81) è per dire che esso non aggiunge nulla alla conoscenza della società vittoriana rispetto a quanto già detto dalla letteratura non “di genere”. A differenza di The War of the Worlds e di altri testi fantascientifici, che invece affrontano temi capaci di regalare uno sguardo nuovo e alternativo sulla società in cui sono nati.
Evangelisti tra i vari filoni della letteratura d’indagine preferisce le tinte del nero rispetto a quella del giallo tradizionale. Noi nelle prossime immagini seguiremo un percorso diverso, ripercorrendo invece - in maniera sommaria - alcune tappe della storia del poliziesco in Italia nella prima metà del Novecento, fermandoci proprio quando anche nel nostro paese il nero diventerà il colore dominante. Perché anche di questo molto si è detto - e lo stesso Evangelisti dice - meglio di quanto non potremmo fare qui.
Riguardo all’immagine qui presentata, vale la pena rilevare che questa edizione Salani del 1933 è un rarissimo caso in cui il titolo originale sopra citato non viene tradotto in maniera letterale con il tradizionale Uno studio in rosso, ma con un più intuitivo, ma anche meno preciso, Lo scritto rosso.
Arthur Conan Doyle, Lo scritto rosso. Sherlock Holmes, il poliziotto dilettante, Firenze, A. Salani, 1933.
Collocazione: 34. B. 9492